Il futuro della pandemia di COVID-19

Il virus SARS-CoV-2 e la malattia da esso provocata, la COVID-19, hanno stravolto violentemente le nostre vite. Quindi la domanda sorge spontanea: come sarà il futuro? Che fine farà questo virus? In questo caso la risposta è facile: farà esattamente la fine di tutti gli altri che lo hanno preceduto.

Schema del SARS-CoV-2, il virus che provoca la COVID-19 e noto a tutti come “nuovo coronavirus” (By https://www.scientificanimations.com – This file was derived from: 3D medical animation coronavirus structure.jpg, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=86553726)

La chiave per capire il futuro è racchiusa nel passato

Mai fu vero come in questo caso, perché sebbene questa pandemia ci sembri un evento così fuori dal comune, non è affatto raro. Nel corso della storia ce ne sono state centinaia, sia di tipo influenzale che di altre malattie; e chissà quante ce ne sono state non raccontate da nessuno, magari perse nelle profondità del tempo.

Sembrano fenomeni molto rari perché sono distanziati nel tempo. Infatti l’ultimo caso paragonabile all’attuale epidemia risale a circa un secolo fa: sto parlando della celeberrima influenza spagnola. Com’è finì quella pandemia e che fine a fatto il virus che la causava? Cerchiamo di scoprirlo.

La terribile influenza spagnola

Tra il 1918 e il 1920 (quindi circa un secolo fa) il mondo stava uscendo dalla tragedia della Prima Guerra Mondiale solo per scontrarsi con una ancora più grande: la pandemia influenzale che passerà alla storia come influenza spagnola.

Arrivata non si sa bene da dove, la spagnola infettò almeno mezzo miliardo di persone e ne uccise tra cinquanta e cento milioni, a seconda delle stime. Significa che nel migliore dei casi uccise tante persone quante ne morirono durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre per le stime peggiori le vittime furono più di quelle di entrambi i conflitti mondiali messi insieme. La caratteristica forse più drammatica di quella pandemia, oltre all’enorme numero di vittime, era che la letalità massima si aveva nei soggetti con età comprese tra 20 e 40 anni. In pratica uccideva i giovani, lasciando dietro di sé bambini e anziani. Ciò aggiungeva ai danni umani anche quelli economici, dato che la malattia fece il maggior numero di vittime proprio nelle fasce più attive della popolazione, provocando quindi un crollo della forza lavoro e della produttività della popolazione (compresa quella dei beni di prima necessità).

Ansaldo SVA V, modello di aereo con cui Gabriele D’Annunzio fece la sua celebre incursione su Vienna, il 9 agosto 1918 (Di Sconosciuto – L’aeronautica Ed. Vallardi Vol. II 1939, Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=3447781)

Tutto ciò accadde in un mondo che non conosceva ancora l’aviazione commerciale (gli aerei del 1918 erano a stento in grado di volare, vedi sopra) e il virus raggiunse tutto il mondo via nave. Viene da dire che se un virus riuscì a provocare una simile catastrofe in soli due anni e muovendosi via nave, forse era molto più pericoloso di SARS-CoV-2, che nel momento in cui scrivo (circa otto mesi dopo l’inizio della pandemia) ha provocato la morte di 1,3 milioni di persone in tutto il mondo. Un numero assolutamente drammatico, ma di scala ben diversa dai numeri catastrofici della spagnola.

Da dove arrivò la spagnola?

Nessuno lo sa con certezza, ma sicuramente anche quel virus arrivò a noi facendo un salto di specie, forse dagli uccelli. Grazie alle analisi compiute sui corpi di alcune vittime della spagnola conservati nel permafrost, è stato possibile sequenziare il genoma del virus e scoprirne l’identità.

Si trattava di una variante del virus H1N1, sigla che sono sicuro tu abbia già incontrato da qualche parte. Balzò infatti agli onori della cronaca nel 2009, durante la cosiddetta (dai soliti media) “influenza suina”, epidemia influenzale un po’ più forte del solito che provocò un certo grado di preoccupazione.

In realtà però tale virus non è molto esotico, perché ci provoca fastidi ogni anno: l’H1N1 infatti è chiamato anche Influenzavirus A ed è uno di quelli che provocano la classica l’influenza ogni anno.

Significa quindi che il virus della spagnola non è mai andato via, ma ha indubbiamente perso letalità. Perché? La ragione va ricercata in vari fattori, tra cui l’evolunzione naturale del virus. Anche i virus sono ovviamente soggetti all’evoluzione, i cui processi “scelgono” la variante migliore che alla fine prevale sulle altre. Nel caso di un virus, al contrario di quanto si possa pensare, la letalità non è utile perché ne limita la diffusione.

I virus sono “interessati” (mi si perdoni il termine antropocentico, ma rende bene l’idea) a diffondersi, quindi una varietà che provoca una forma più leggera è favorita perché il soggetto infetto può spostarsi più facilmente e diffondere di più il virus. Al contrario, le varietà che provocando le forme più severe si diffondono di meno perché chi ne è affetto risulta anche più debilitato e quindi si sposta poco o muore in poco tempo, avendo logicamente meno contatti.

L’evoluzione però agisce anche sugli ospiti del virus, ossia le persone, favorendo i soggetti più resistenti. Questi non morendo possono produrre un maggior numero di discendenti. Si può dire che in un certo senso il virus stesso “favorisca” la diffusione di una certa resistenza tra la popolazione.

SARS-CoV-2 è un virus esattamente come tutti gli altri, soggetto all’evoluzione e alle stesse pressioni selettive, quindi non c’è ragione di pensare che subirà un diverso destino. Nel corso del tempo la naturale evoluzione lo porterà a essere meno letale, mentre la popolazione umana diventerà più resistente. Ciò ovviamente non significa che il virus non possa fare grandi danni nel frattempo, danni che anzi sta attualmente provocando.

L’esempio di un altro coronavirus

Qualcuno potrebbe obbiettare: Perché SARS-CoV-2 dovrebbe seguire la stessa strada di H1N1 se è di tipo diverso? Si tratta infatti di un coronavirus e non di un influenzavirus. In questo caso quindi dobbiamo esaminare un altro coronavirus per sapere se anche loro sono soggetti alle stesse dinaminche.

Esitono infatti altre sei specie di coronavirus che infettano la nostra specie. A parte SARS-CoV-1 (meglio noto come SARS) e MERS-CoV (che provoca la malattia nota come MERS), gli altri altri quattro inducono il classico raffreddore stagionale.

Coronavirus HCoV-OC43 al microscopio elettronico (By CDC/ Dr. Erskine Palmer – https://phil.cdc.gov/Details.aspx?pid=189, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=89425412)

Uno di questi è chiamato HCoV-OC43 e le analisi sul suo genoma hanno permesso di scoprire cose interessanti. Molto probabilmente esso fece il salto di specie dal bestiame durante la seconda metà del XIX secolo, e guardacaso tra il 1889 e il 1890 ci fu una pandemia influenzale che fece numerose vittime, chiamata influenza russa. Non possiamo ovviamente sapere con certezza se la russa fosse provocata dal virus HCoV-OC43, ma secondo i ricercatori è abbastanza probabile.

SARS-CoV-2 è un Betacoronavirus esattamente come HCoV-OC43, quindi non c’è ragione per cui non debba seguire la stessa sorte.

Conclusioni

Come abbiamo visto i nuovi virus non scompaiono mai, ma trovano un “equilibrio” con la popolazione ospite, che impara a difendersi con un conseguente calo della mortalità e quindi della pericolosità di una malattia. Ragionevolmente si può ritenere che la diffusione di un nuovo virus provochi danni estesi nella popolazione ospite, prima che l’evoluzione ci metta una pezza. È sempre stato così e non c’è ragione di credere che non andrà così anche questa volta.

A dire il vero però, questa volta una differenza con il passato c’è ed è la medicina. Le attuali conoscenze mediche e scientifiche sono enormemente più avanzate di quelle del 1918, quindi è probabile che la medicina contemporanea possa rendere SARS-CoV-2 inoffensivo molto più fretta rispetto al passato. Se infatti la medicina nel 1918 era impotente o quasi di fronte a una mallattia respiratoria, noi oggi disponiamo di farmaci quasi per ogni possibile complicazione, di macchinari medicali avanzati e di conoscenze scientifiche adatte a individuare e studiare i nuovi agenti patogeni in poco tempo. Infatti nel momento in cui scrivo ci sono ben due vaccini contro SARS-CoV-2 a un passo dalla commercializzazione, con decine di altri allo studio. Sono allo studio anche numerosi trammenti per curare i malati più gravi che hanno evidentemente dato i loro frutti dal momento che la mortalità è più bassa rispetto alla primavera, a fronte di un numero di positivi notevolmente più alto.

Quindi anche questa pandemia finirà nei libri di storia e tutto tornerà alla normalità. Semmai ora ci si dovrebbe interrogare sulle misure di prevenzione prese, per capire se i danni siano peggiori dei benefici. Ma soprattutto ci si dovrebbe interrogare sul motivo per cui siamo arrivati al dramma in cui siamo ora, perché decenni di tagli massicci e generalizzati a sanità, università e ricerca hanno sicuramente concorso a rendere l’epidemia di COVID-19 più drammatica di quanto avrebbe potuto essere con un sistema sanitario strutturato meglio e più efficiente, con maggiori risorse da poter spendere. Ricordiamocelo per il futuro.

Approfondimenti

Ivan Berdini

Zoologo e appassionato di fotografia