Escursioni – L’Antica Monterano

Una vera città perduta a pochi chilometri da Roma, un luogo affascinante e suggestivo che vale assolutamente la pena di visitare.

Che cos’è una città perduta?

Per “città perduta” si intende un agglomerato urbano che è stato dimenticato per secoli e che risulta essere in rovina, completamente ricoperto da una foresta secondaria riscresciuta sugli edifici ormai privi di manutenzione. Sono luoghi molto suggestivi, che affascinano coi loro misteri. Visitandone una è impossibile non porsi domande su chi fossero gli abitanti e sul motivo dell’abbandono della città.

Ma non è necessario recarsi in luoghi esotici per visitare luoghi di questo genere, visto che ne abbiamo anche nella nostra Italia. Un buon esempio si trova a in provicia di Roma, a poche decine di chilometri dalla città. Sto parlando dell’Antica Monterano, un borgo abbandonato nel 1799 e oggi completamente in rovina.

La posizione del borgo

L’Antica Monterano si trova nell’alto Lazio, vicino il lago di Bracciano e ad appena 58 chilometri dalla capitale, nel comune di Canale Monterano.

Il borgo è situato in cima a un’altura ma è impossibile vederlo dal basso, dato che è ricoperto da una fitta vegetazione. Per arrivarci esistono più vie, ma io consiglio quella che parte dalla Cascata della Diosilla e attraversa la Riserva Naturale Regionale di Monterano. Si tratta di un’escursione molto semplice e poco impegnativa, che inizia al parcheggio della cascata per poi arrivare all’Antica Monterano dopo un sentiero nel bosco. Tale via permette anche di visitare la solfatara, che ha permesso alla città di prosperare per un certo periodo grazie all’estrazione del suo zolfo.

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Ricostruzione dell’antica Monterano (da https://www.comune.canalemonterano.rm.it/la-storia-di-canale.html

Prima tappa: la cascata della Diosilla

La cascata della Diosilla, da cui inizia il sentiero (nei pressi si trova un comodo parcheggio) è costituita da un salto di circa dieci metri che fa il torrente Biscione. Da notare la particolare colorazione delle acque del torrente, che va dal lattiginoso al rosso per via dei minierali ferrosi di origine vulcanica che l’acqua contiene.

Dopo la cascata, il sentiero continua costeggiando la forra che il torrente Biscione ha scavato nelle piroclastiti del vulcano Sabatino, lo stesso che ha originato il lago di Bracciano. Tutta l’area infatti si sviluppa su rocce di origine piroclastica come il tufo.

I boschi attraversati dalla prima parte del sentiero sono formati principalmente da specie arboree del genere Quercus, come cerro (Quercus cerris), rovere (Quercus petrea) e roverella (Quercus pubescens) nelle aree più assolate. Si segnala la presenza anche del leccio (Quercus ilex), del carpino bianco (Carpinus betulus), del carpino nero (Ostrya carpinifolia) e dell’albero di Giuda (Cercis siliquastrum). Sono da notare le numerose felci che compongono il sottobosco, inframezzate dal pungitopo (Ruscus aculeatus). Per una trattazione più dettagliata della vegetazione della riserva rimando al sito dell’ente parco.

Seconda tappa: la solfatara

Alla fine del sentiero si raggiunge la solfatara, che a causa del suo ambiente particolare provoca un brusco cambio nel paesaggio e nella vetazione. Infatti è costituita da un ampio spiazzo privo di alberi e ricoperto di rocce sulfuree; nell’aria si può percepire il tipico odore sulfureo. Vi si possono trovare solo piante adattate alle particolari condizioni chimiche del terreno.

Proprio nella solfatara il torrente Biscione si unisce al fiume Mignone e con questo prosegue la sua corsa verso il mar Tirreno. Da notare la presenza di una polla sulfurea, cioè di una pozza d’acqua nella quale risalgono vistose bolle di gas, che sono l’origine dell’odore che si può avvertire nell’aria.

Anche la solfatara è un prodotto del vulcano Sabatino, un fenomeno di vulcanismo secondario provocato dal calore ancora presente nel sottosuolo. L’antica Monerano deve parte della sua storia proprio a questa solfatara, perché per secoli i suoi abitanti hanno prosperato estraendone lo zolfo in cavità e gallerie ancora perfettamente visibili.

L’ingresso di un’antica miniera di zolfo

Ultima tappa: le rovine dell’Antica Monterano

Dalla solfatara si imbocca un sentiro che si arrampica sull’altura tufacea sulla quale sorgeva la città. Si tratta di un percorso in salita, ma è piuttosto breve e non presenta particolari difficoltà tecniche. In cima si raggiunge una strada bianca e si deve girarare a sinistra per raggiungere le rovine.

Appena giunti nei pressi di Monterano si viene accolti dalle imponenti arcate dell’antico acquedotto che l’approvvigionava di acqua.

Passandovi sotto è possibile costeggiare le antiche mura perimetrali fino ad arrivare al lato opposto, per poter così entrare dalla porta di San Bonaventura. Le rovine sono molto ben visibili, sebbene siano state quasi del tutto inghiottite dalla vegetazione, che però è una parte del loro fascino. Delle case resta poco, ma in compenso sono ben visibili i resti dell’imponente castello Altieri (la famiglia che ha gestito il feudo di Monterano per alcuni secoli), che mostra sulla facciata una fontana con una statua a forma di leone scolpita da Gian Lorenzo Bernini (si tratta però di una copia, l’originale è conservato nel museo civico di Canale Monterano). Vicino al castello si possono ammirare il campanile della cattedrale di Santa Maria (il resto della chiesa è andato perduto) e la chiesa di San Rocco, piuttosto ben conservata e ancora dotata dell’altare.

Fuori dal paese di trova un altro edificio molto interessante: la chiesa di San Bonaventura con annesso convento. Il fabbricato è ancora in buone condizioni considerati i secoli di abbandono, la chiesa è ancora perfettamente risconoscibile così come lo è il chiostro del convento che si trova sul retro.

Perché il paese è stato abbandonato?

L’area di Monterano è stata abitata sin dall’epoca degli Etruschi e ha attraversato i secoli passando di mano in mano, dagli Etruschi ai Romani, per poi arrivare al papato e alle famiglie nobili dello Stato Pontificio. L’economia della città si è retta per lungo tempo sull’estrazione delle zolfo dalle miniere dell’attigua solfatara, ma con l’esaurimento di queste ultime iniziò un lento declino. L’evento che decretò la fine dell’Antica Monterano fu un vasto incendio che ne devastò l’abitato, appiccato nel 1799 dalle truppe napoleoniche. La città non fu più riscotruita e gli abitati sopravvissuti fondarono poco distante quella che ora è Canale Monterano.

Per un maggiore approfondimento della storia della città rimando al sito ufficiale del comune di Canale Monterano.

In conclusione

Consiglio a tutti di fare questa escursione, sia perché non presenta particolari difficoltà sia per il grande volore naturalistico delle aree attraversate dal sentiero. Le rovine dell’Antica Monterano sono quel qualcosa in più che dà a questa gita un tocco di fascino e di mistero che la renderanno un’esperienza indimenticabile per tutti coloro che vi si avventureranno.

Ivan Berdini

Zoologo e appassionato di fotografia