Migliora la salute dell’ozono: “buco” ridotto del 20%

Buone notizie dall’alta atmosfera: la salute dello strato di ozono sta migliando e il cosiddetto “buco” si è ridotto del 20% negli ultimi 30 anni. Il divieto assoluto e mondiale di usare CFC, sancito dal Protocollo di Montreal, ha funzionato.

Il “buco” nell’ozono nel 2001, rappresentato dall’alone blu sopra l’Antartide (Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=30430)

Che cos’è l’ozono?

L’ozono è un gas le cui molecole sono formate da 3 atomi di ossigeno (O3), mentre nell’aria che respiriamo abbiamo molecole di ossigeno formate da solo 2 atomi (O2). Si tratta di un gas dal caratteristico odore di aglio e altamente ossidante, tanto da essere tossico nonostante sia formato dallo stesso ossigeno fondamentale per la gran parte delle forme di vita della Terra.

Schema di una molecola di ozono (Di Ben Mills – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6875774)

Al livello del suolo è molto raro, si trova concentrato invece a circa 25 chilometri di quota, nella bassa stratosfera. Nonostante sia tossico se inalato, questo gas è fondamentale per la vita sulla Terra perché ha la capacità di assorbire quasi tutta la radiazione ultravioletta dannosa che arriva dal Sole, costituendo di fatto uno scudo chimico da questa radiazione elettromagnetica (sì, ho usato la parola “chimico” per indicare una cosa benefica, sarebbe il caso di abituarsi a farlo).

Alle basse quote si può formare in seguito a un fulmine o come sottoprodotto inquinante di alcune attività umane, ma si degrada abbastanza in fretta vista l’instabilità della molecola triatomia di ossigeno.

La funzione dello strato di ozono

Quando un raggio ultravioletto colpisce una molecola di ozono, questa lo assorbe e si scinde in una molecola di ossigeno biatomica (come quelle che respiriamo) e un atomo di ossigeno libero. Quest’ultimo è fortemente instabile e reagisce con una altra molecola di ossigeno biatomico per formare una nuova molecola di ozono. Sostenzialmente, quindi, l’ozono stratosferico si riforma continuamente e non può consumarsi in condizioni normali. La dissociazione in seguito all’assorbimento della radiazione ultravioletta può avvenire anche con le molecole di ossigeno biatomiche, che quindi si disgregano. I due atomi liberati formano due nuove molecole di ozono incontrando altrettante molecole di ossigeno biatomico. Tuttavia l’azione di schermatura dell’ossigeno è molto meno efficace rispetto a quella dell’ozono.

La schermatura contro i raggi ultravioletti è fondamentale per la vita sulla Terra, perché questo tipo di radiazione solare può causare danni al DNA e quindi tumori, per esempio i tumori della pelle. Si tratta del motivo principale per cui è importante utilizzare una crema protettiva quando ci si espone al Sole in spiaggia.

Il “buco” nell’ozono e i CFC

Tra gli anni ’70 e ’80 si scoprì che lo strato di ozono si stava assottigliando progressivamente di anno in anno, destando una certa preoccupazione. In particolare, l’espressione “buco dell’ozono” è un termine di origine giornalistica che identifica un assottigliamento marcato e concentrato principalmente sopra l’Antartide. Non si è mai trattato di un vero e proprio buco nello strato protettivo, anche se comunque è un fenomeno preoccupante.

Schema di due cloro-floro-carburi (By Josell7 – Own work, CC0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=12246080)

Il responsabile della degradazione dell’ozono è stata indviduato nei CFC, cloro-fluoro-carburi, una famiglia di sostanze molto utilizzate per corso della gran parte del XX secolo. Principalmente si tratta di un atomo di carbonio che sta nel mezzo e che ha legati 4 atomi di gas alogeni, come il cloro, il fluoro o il bromo. Venivano usati per moltissime applicazioni differenti proprio perché erano ritenuti inerti chimicamente e quindi sicuri: nessuno aveva mai scoperto qualcosa con cui potessero reagire.

Venivano usati principalmente come refrigeranti per frigoriferi e condizonatori (il famoso freon) e compre propellente per le bombolette spray, anche se non mancano applicazioni aerospaziali.

Il problema nasce quando queste molecole contenenti cloro si disperdono in atmosfera fino alla quota dove è presente lo strato di zono. Qui vengono colpite dalle radiazioni ultraviolette e perdono un atomo di cloro, il quale reagisce con una molecola di ozono generando una molecola di ossigeno biatomica e una molecola di ossido di cloro. In questo modo però, a differenza del naturale ciclo dell’ozono, il cloro sequestra un atomo di ossigeno che non può più riformare una nuova molecola di ozono, inceppando il ciclo e provocando l’assottigliamento dello schermo protettivo.

Nel corso dei decenni le correnti di alta quota hanno accumualato enormi quantità di CFC nelle regioni polari, principalmente l’Antartide, provocando l’assottigliamento noto come “buco nell’ozono”.

Il protocollo di Montreal e la riduzione del “buco” del 20%

Nel 1989 i governi mondiali firmarono il Protocollo di Montreal, che metteva al bando tutti i CFC nella speranza di bloccare la degradazione dell’ozono.

A distanza di 29 anni sembra che il bando abbia funzionato, infatti la NASA ha scoperto grazie alle analisi del satellite Aura che l’assottigliamento sull’Antartide si è ridotto di circa il 20% dal 2005, anno di entrata in servizio del satellite.

La scoperta, che non può che farci piacere, è stata effettuata da di Susan Strahan e Anne Douglass del Goddard Space Flight Center della NASA, che hanno pubblicato i risultati in un articolo pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters. Si calcola che entro il 2070 l’ozono recupererà i livelli del 1980, andando verso una sostanziale ripristino delle condizioni precedenti l’arrivo in atmofera dei CFC.

Morale della favola

Questa storia dimostra come il Protocollo di Montreal abbia funzionato, una prova molto importante del fatto che i danni ambientali possono essere riparati, che si possono trovare risorse e che si possono mettere d’accordo tutti in modo da poter agire. Tutto sta nel trovare la volontà di farlo, e spetta a noi spiegare ai politici perché l’ambiente sia importante, ma non dobbiamo nemmeno farci ingannare da pratica che sembrano ecosostenibili ma non lo sono.

Ivan Berdini

Zoologo e appassionato di fotografia