Il complotto della Xylella

Che cos’è esattamente la Xylella? È davvero così pericolosa? E c’è davvero un complotto dietro la diffusione di questo batterio? Sono anni che ne sentiamo parlare, ma sui media la confusione regna sovrana.

Che cos’è la Xyella?

Fotografia del batterio Xylella fastidiosa al microscopio elettronico (Di Valentain12 – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=45176526)

Xylella fastidiosa è il nome di un batterio patogeno delle piante, ossia di un organismo capace di infettare una pianta e di provocarle una malattia. Un po’ come Yersinia pestis provoca la peste alla nostra specie, la Xylella fastisiosa (della sottospecie pauca) provoca una patologia degli ulivi chiamata Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo (CoDiRO).

In pratica colonizza lo xylema della pianta, cioè i vasi che trasportano l’acqua dalle radici al resto dell’organismo, ostruendoli nel corso del tempo. Con l’avanzamento dell’infezione quindi diminuisce la quantità d’acqua che dalle radici raggiunge il resto della pianta, che non può più compensare la perdita per la traspirazione. Il risultato è il rapido disseccamento della chioma, come se non avesse più acqua a disposizione. I batteri di questo genere possono attaccare molte specie di interesse economico, come le piante da frutto, tra cui ricordiamo agrumi e ulivo.

Tuttavia il batterio è sostanzialmente inerme, cioè non può diffondersi autonomente da un ospite all’altro. Necessita di un vettore, cioè di un mezzo che lo trasporti fisicamente da una pianta all’altra. E questo mezzo è un insetto chiamato Philaenus spumarius, volgarmente noto come “sputacchina”. Le sputacchine sono insetti dell’ordine degli emitteri, come le cicale, la cocciniglia o gli afidi. Gli appartenenti a questo ordine sono fitofagi (tranne qualche eccezione di predatori) e caratterizzati da un apparato boccale molto lungo e sottile, specializzato nella perforazione dei tessuti vegetali per accedere alla linfa delle piante. X. fastidiosa è in grado di sopravvivere nell’apparato boccale di questi insetti, che spostandosi per nutrirsi di albero in albero la inoculano nella pianta ospite.

Tutta colpa delle sputacchine?

Un esemplare di P. spumarius (By Charles J Sharp – Own work, from Sharp Photography, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=38317620)

Sebbene questi insetti dal nome curioso ci abbiano messo del loro, non hanno alcuna responsabilità per questo disastro perché sono animali indigeni. Mentre X. fastidiosa non lo è affatto. Il sequenziamento del DNA del batterio ha infatti dimostrato che il ceppo responsabile della CoDiRO è originario del Costa Rica (America centrale), quindi si tratta di un batterio di importazione che prima non era presente sul nostro territorio. In particolare, le prime segnalazioni di CoDiRO risalgono addirittura al 2011.

Come ha fatto ad arrivare in Italia la X. fastidiosa? Molto probabilmente insieme a qualche pianta ornamentale importata dal Costa Rica, di cui il paese è un forte produttore. Sarebbe già abbastanza discutibile l’introduzione di una pianta aliena per scopi puramente estetici (pratica che ha già provocato un bel po’ di disastri), ma farlo addirittura senza controlli fitosanitari è da totali irresponsabili. Purtroppo però in Italia e nell’intera Europa i controlli fitosanitari volti a bloccare o limitare l’arrivo di ospiti inderiderati sulle merci di importazione non sono presi molto sul serio e il risultato è evidente.

Cosa si può fare contro l’infezione da X. fastidiosa?

Purtroppo nulla: l’infezione provocata da X. fastidiosa è del tutto incurabile allo stato attuale delle cose. Le università della Puglia e il CNR stanno tentando di fare qualcosa e alcune ricerche sono promettenti, ma è ancora presto per dire se porteranno a una cura e intanto l’infezione avanza e continua a provocare danni.

Olive mature, pronte per essere raccolte (Di Aracuano – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3149488)

Si è scoperto che alcuni cultivar di ulivo sono più resistenti di altri, riuscendo a resistere più a lungo all’infezione. Ciò significa che forse potrebbe sviluppare un cultivar immune alla Xylella, magari con tecniche di ingegneria genetica. Ma in Italia gli OGM sono tabù e non vogliamo nemmeno sentirne parlare, giusto? E allora che gli ulivi muoiano. Come se tutto ciò che mangiamo non fosse un organismo geneticamente modificato tramite incroci e selezioni, ma questa è un’altra storia.

Il complotto della Xylella

E veniamo ora al titolo di questo articolo. Potrà sembrare assurdo, ma c’è moltissima gente secondo cui dietro la diffusione della Xylella c’è un oscuro complotto ordito… da non si sa chi, non si sa per fare cosa. In realtà esistono molte versioni diverse di questa teoria complottista. Una sostiene che per salvare le piante dal batterio bastino delle “buone pratiche agricole”, non si sa bene quali. Secondo un’altra abbastanza in voga nel momento in cui scrivo la malattia non sarebbe provocata dal batterio ma dall’inquinamento e le autorità farebbero di tutto per cerare di nasconderlo; questa assurdità è stata recentemente pubblicata su un quotidiano nazionale e nello stesso articolo un ricercatore in pensione del CNR dice di poter curare il CoDiRO con una specie di stregoneria… non credo serva aggiungere altro. C’è anche chi è convinto che dietro ci siano gli speculatori edilizi.

Una terza teoria vuole che siano stati i ricercatori del CNR a diffondere la malattia, pagati da una non specificata multinazionale che vorrebbe imporre alla Puglia degli ulivi OGM si sua invenzione. Sembrerà assurdo, ma qualcuno alla Procura di Lecce ha creduto in questa “teoria” e ha avviato un’inchiesta nel 2015 che non ha portato a nulla se non alla diffusione del batterio fuori dall’area di quarantena grazie al sequestro dei campi e al conseguente blocco delle eradicazioni. Il risultato di questa inchiesta campata in aria è il disastro che vediamo oggi.

Il complottismo è pericolossissimo quando passa dalla fantasia alla realtà, lo impareremo mai?

Approfondimenti:

Ivan Berdini

Zoologo e appassionato di fotografia