Che cosa sono i “fossili viventi”?

Un’espressione che si trova spesso nei mass media è “fossile vivente”. Ma di cosa di parla realmente?

Prima di tutto chiariamo cosa sia un “fossile”: si definisce fossile una qualsiasi testimonianza di vita esistita in un precedente periodo geologico. Per esempio resti di animali, resti di vegetali, organismi completi o anche tane, tracce e orme. Però i fossili di un organismo, sebbene conservino ancora la forma originaria, sono in realtà delle pietre: il processo di fossilizzazione litifica i resti organici, ovvero sostituisce le molecole organiche che compongono un organismo con minerali vari, dipendenti dall’ambiente di fossilizzazione. Un fossile vivente, invece, è un organismo che presenta caratteristiche morfologiche e strutturali primitive, ovvero che in altre specie evolutesi dallo stesso progenitore si sono modificate in altre oppure sono state del tutto scomparse. L’espressione “fossile vivente” è stata coniata nel XIX secolo da Charles Darwin in persona. Alla luce di quello che è stato appena detto, la definizione fossile vivente appare impropria: infatti oggi si tende a preferire il termine organismi relitti.

Facciamo qualche esempio?

Brachiopodi

Di Dwergenpaartje – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=31736392

Nonostante le apparenze, questo non è un mollusco bivalve ma un Brachiopodo, ovvero un appartenente a un altro Phylum che vive prevalentemente nelle profondità marine. I brachiopodi hanno una conchiglia formata da due valve asimmetriche e un evidente peduncolo usato per ancorarsi al substrato su cui vive (rocce, relitti, ecc.). L’anatomia interna invece è completamente diversa da quella dei Molluschi, come sono diversissime la struttura e la composizione delle valve. Quello in foto è un esemplare del genere Lingula, che esiste dal periodo Siluriano, ovvero da 418 milioni di anni.

Limulus polyphemus

Di Didier Descouens – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=8394621

Il limulo, o granchio reale, è un Chelicerato che vive sulle coste occidentali del continente Americano, fino allo Yucatàn. Nonostante in nome è imparentato con gli Aracnidi e non coi granchi (che sono Crostacei). Vivono sui fondali marini fino a 200 metri di profondità, anche se preferiscono quelli più o meno a 30 metri. Si nutrono di Molluschi, Anellidi e altri piccoli abitatori dei fondali sabbiosi; per la nostra specie sono assolutamente innocui, tanto che possono essere maneggiati senza alcun pericolo. Il sistema immunitario di questi animali può individuare e confinare i batteri Gram Negativi, il loro sangue è quindi la base per un test (Limulus Test) usato per la ricerca di endotossine batteriche o di alcune specie di batteri. Il sangue del limulo (incolore che vira verso l’azzurro a contatto con l’aria, per via dell’ossidazione dell’emocianina) viene estratto con un prelievo senza uccidere l’animale, che non riporta danni permanenti e viene rimesso in libertà. Il genere Limulus esiste dal Triassico inferiore, ovvero da 210 milioni di anni, ed rimasto pressoché invariato da allora.

Nautilus

CC BY-SA 2.5, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=530507

Il genere Nautilus è l’ultimo rimasto della sottoclasse dei Nautiloidi, parenti stretti dei molto più famosi Ammonoidi (meglio noti col nome della forma fossile, Ammoniti). Sono dei Molluschi Cefalopodi, parenti degli attuali polpi e seppie. Sono in circolazione dal Cambriano superiore, ovvero da circa 530 milioni di anni. All’epoca erano presenti decine di generi, ma ne è giunto fino a noi solo uno che comprende 5 specie. Sono stati ritenuti estinti fino al 1829, quando fu pescato un esemplare in vita, sebbene le conchiglie fossero importate e usate in oreficeria in Europa già da alcuni secoli. Vivono nell’Oceano Pacifico occidentale e nell’Oceano Indiano a circa 500 metri di profondità. La loro splendida conchiglia a spirale logaritmica può arrivare a misurare anche 20 cm di diametro. La spirale del Nautilus è il logo del nostro sito!

Latimeria

Di Alberto Fernandez Fernandez – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2550966

Il genere Latimeria è l’unico rimasto della famiglia dei Latimeridi, i suoi appartenenti sono meglio noti come Celacanti. Esso si credeva estinto dal Cretacico (ovvero 65 milioni di anni) fino al 1938: quando fu pescato un esemplare di Latimeria al largo delle coste del Sudafrica. Questo pesce appartiene a una classe molto particolare: quella dei Sarcoperigi: le sue pinne si trovano su delle escrescenze carnose sostenute dallo scheletro. I Latimeridi e le sei specie di Dipnoi sono le uniche rappresentati rimaste di questa classe considerata importante perché antenata di tutti i vertebrati subaerei (che vivono nell’aria, quindi anche noi). I Dipnoi hanno un rudimentale polmone derivato dalla vescica natatoria, che usano per sopravvivere ai periodi di siccità.

Ginkgo biloba

Di Sten, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=204163

Potevano mancare le piante? Certo che no! Il Ginkgo biloba è un caso unico nel mondo vegetale: è l’unico esponente dell’intero Phylum delle Ginkgofite. Questa specie ha un portamento arboreo e che può raggiungere un’altezza di 30 o 40 metri; la sua chioma può misurare anche 9 metri di diametro. I primi fossili risalgono all’era Mesozoica, che iniziò 245 milioni di anni fa e finì con la famosa estinzione di massa di 65 milioni di anni orsono, quella in cui perirono anche i dinosauri. Il gingko è stato ritenuto estinto fino al 1898, quando fu scoperto dalla Scienza occidentale: era già conosciuto e coltivato da secoli in Cina, il luogo di cui è originario. Molto probabilmente la specie di insetto che lo impollinava si è estinta da milioni di anni ed è quasi un miracolo che la pianta sia giunta fino a noi. Esistono solo pochissimi posti in Cina dove cresce naturalmente, la gran parte degli esemplari del mondo è coltivata per via dei suoi numerosi utilizzi in medicina e cosmetica. In Cina e Giappone si usa anche mangiarne i semi dopo torrefazione. Sono molto spesso coltivati come piante ornamentali, ad esempio, si possono osservare splendidi esemplari di Ginkgo biloba nell’Orto Botanico di Roma oppure nel Parco della Resistenza, sempre a Roma.

Questi sono i più famosi, ma ci sarebbero moltissimi altri esempi. Nel caso foste interessati fatecelo sapere con un commento, così potremo parlare ancora di queste affascinanti specie sopravvissute!

Ivan Berdini

Zoologo e appassionato di fotografia